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giovedì 18 giugno 2015

Trattamento farmacologico dei disturbi da alcol

Questa relazione è stata tenuta dal presidente della sezione regionale SITD, dott. Placido La Rosa al convegno su "Alcoldipendenza e trattamenti psicosociali" organizzato lo scorso 20 maggio a Gela dall'associazione Casa Famiglia Rosetta.




TRATTAMENTO FARMACOLOGICO
DOTT. LA ROSA PLACIDO
(RESPONSABILE SERT DI GELA – PRESIDENTE SEZIONE REGIONALE SITD)


L’evidenza scientifica e l’esperienza maturata negli ultimi decenni dagli operatori del settore hanno ormai reso definitiva l’acquisizione che qualsiasi trattamento farmacologico deve sempre essere accompagnato da un trattamento psicosociale.
Il miglioramento dello stato di salute dei soggetti con problemi alcol-correlati è decisamente maggiore quando il trattamento farmacologico e quello psicosociale si combinano.
E’ necessario che il trattamento farmacologico venga effettuato da servizi specialistici nel trattamento dei problemi alcol-correlati in quanto gli stessi sono gli unici a possedere quel combinato di competenze ed esperienze cliniche, tossicologiche e psicosociali in grado di modulare nel giusto modo l’effettuazione di un trattamento farmacologico.
Il trattamento farmacologico portante è quello “anticraving”, cioè quel trattamento che aiuta i soggetti ad evitare le ricadute nell’uso di alcol o a ridurre i consumi di alcol.
I trattamenti “anticraving”, però, per essere efficaci devono essere continui e duraturi; ciò necessita una “compliance” al trattamento che in soggetti affetti da qualsiasi dipendenza non è facile.
Per riuscire a far sì che un soggetto con problemi alcol-correlati possa correttamente effettuare nel tempo un trattamento farmacologico “anticraving” è importante stabilire una “relazione” terapeutica e costruttiva che prenda in carico la persona nel suo complesso e non solo il suo problema con l’alcol.
E’ necessario che il soggetto si senta accettato e non giudicato, compreso e non biasimato; ciò è più facilmente  possibile in un servizio che abbia caratteristiche e competenze multidisciplinari con diverse figure professionali (medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, educatori, etc.) in grado di fornire un sostegno variegato e continuo al soggetto e alla sua famiglia.
Tra i diversi servizi pubblici presenti nelle realtà territoriali solo i SERT hanno o per lo meno dovrebbero avere le caratteristiche su esposte e, pertanto, possono essere considerati le strutture specialistiche pubbliche di riferimento ove orientare i soggetti con problemi alcol-correlati.
Il trattamento esclusivamente medico (praticato, ad esempio, dal medico di medicina generale o dal reparto ospedaliero) non ha le caratteristiche prima esposte in quanto quasi sempre  si limita alla somministrazione farmacologica che può sul momento permettere il superamento di una sindrome astinenziale o di altri problemi alcol-correlati, ma che, senza un supporto psicosociale, nella quasi totalità dei casi si determina una ricaduta nei comportamenti alcol-correlati.
Il trattamento farmacologico “anticraving” in Italia si avvale di diversi farmaci che hanno tale indicazione specifica (Tabella 1).


                TABELLA 1


Il “craving” si incontra in tutte le forme di dipendenza patologiche e può essere definito come il desiderio irrefrenabile di assumere una sostanza; tale desiderio se non soddisfatto provoca sofferenza fisica e psichica.
Il “craving” sarebbe una sorte di via finale risultata dalla combinazione di diversi fattori quali la situazione emotiva, la reattività agli stimoli, la capacità di controllo e l’autoefficacia, la situazione fisica, le cognizioni sulla propria situazione.
Dal punto di vista neurobiologico nel “craving” si determina una “cascata” neurotrasmettitoriale che modula l’increzione del neurotrasmettitore dopamina nel “Sistema a ricompensa mesolimbico” ed in particolar modo in una zona specifica del cervello detta “nucleo accumbens” con il coinvolgimento di diversi neurotrasmettitori e/o neuromodulatori (serotonina, endorfine, GABA, glutammato).
Il “Sistema a ricompensa” fisiologicamente è deputato a produrre il piacere legato a diversi stimoli (cibo, sonno, attività sessuale, etc.).
L’azione ripetuta dell’alcol, su un cervello predisposto geneticamente e/o a seguito di distress emotivi-traumatici, determina un danneggiamento del “Sistema a ricompensa” con conseguente disregolazione e malfunzionamento.
In pratica l’alcol (come altre sostanze psicoattive o comportamenti di addiction) si sostituisce agli stimoli fisiologici diventando la principale fonte di gratificazione.
L’azione ripetuta dell’alcol, quindi, è in grado di causare fenomeni neuroplastici di adattamento (come, ad esempio, una ridotta sensibilità dei recettori alla dopamina) che sono alla base della stabilizzazione del fenomeno, che si mantiene per molto tempo e che in alcuni casi può essere permanente.
Per una migliore comprensione del “craving” va segnalato il “Modello psicobiologico del craving a tre vie” che distingue tre tipi di “craving”:
  1. REWARD CRAVING (da ricompensa): sostenuto da meccanismi di rinforzo positivo dovuti alla gratificazione (bere alcol per sentirsi bene) e sostenuto da una disregolazione dopamnergica/oppioidergica (deficit di oppioidi);
  2. RELIEF CRAVING (da tensione): sostenuto da meccanismi di rinforzo negativo dovuto alla scomparsa della sintomatologia astinenziale (bere alcol per non stare male) e sostenuto da una disregolazione GABAergica/glutammatergica;
  3. OBSESSIVE CRAVING: sostenuto da una disregolazione serotoninergica con deficit di serotonina.
La possibilità di associare la tipologia del “craving” ad una precisa tipologia di alcolisti permetterebbe di usare i farmaci anticraving in modo corretto ed utile.
Tra le diverse tipologie di alcolisti, qui si propongono le “Tipologie di Cloniger” caratterizzate da:
  • Tipo I° (modello post-traumatico): caratterizzato da dipendenza sviluppatasi in età adulta in seguito ad eventi particolari, componente genetica minore, la dipendenza appare come un incidente o una complicanza, l’effetto ricercato è del tipo ansiolitico/antidepressivo; tale tipologia si può associare con il “Relief craving”;
  • Tipo II° (modello costituzionale): caratterizzato da dipendenza sviluppatasi in età precoce e che si mantiene spesso per tutta la vita, componente genetica forte, spesso associato a disturbi di personalità o mentali, l’effetto riscontrato è la ricreazione; tale tipologia si può associare al “Reward craving”.
Una corretta conoscenza delle abitudini alcoliche, delle caratteristiche del “craving”, della struttura di personalità, delle altre patologie coesistenti, del contesto familiare e sociale, permette di poter riconoscere una tipologia precisa alla quale può corrispondere un adeguato e differenziato trattamento farmacologico.
Nella pratica clinica, ovviamente, il tutto è più complicato in quanto molto spesso l’inquadramento diagnostico è molto complesso e non è facile inserire il soggetto in una tipologia precisa.
L’esperienza di chi giornalmente affronta tali problematiche è, in tal senso, determinante per realizzare un corretto e utile trattamento farmacologico.
Si è già detto che il trattamento farmacologico per essere realmente efficace debba essere accoppiato ad un trattamento psicosociale.
Le tipologia di trattamento psicosociale da realizzare dipende sia dalle caratteristiche del soggetto con problemi alcol-correlati, sia dal contesto in cui si verifica il trattamento.
I diversi tipi di trattamento psicosociali si possono così raggruppare:
  • Trattamento psicosociale attraverso i gruppo di auto-mutuo-aiuto presenti in una determinata realtà locale tramite il privato sociale (presenza dei CAT o degli AA.AA.);
  • Trattamento psicosociale da realizzare tramite l’inserimento del soggetto in una Comunità Terapeutica, generalmente gestite dal privato sociale;
  • Trattamento psicosociale tramite psicoterapie individuali, di gruppo, di famiglia oppure tramite attività di counselling verso il soggetto e/o i suoi familiari; tale attività può essere svolta o all’interno di un servizio pubblico o attraverso il privato sociale.
E’ necessario, per una migliore efficacia del trattamento nel suo complesso, che si stabilisca una efficace collaborazione allorquando il trattamento farmacologico e quello psicosociale vengono svolte da strutture diverse (per esempio farmacologico da un servizio pubblico e psicosociale da un servizio del privato sociale).

Alcol e Società


Questa relazione è stata tenuta dal nostro dott. Michele Parisi al convegno su "Alcoldipendenza e trattamenti psicosociali" organizzato lo scorso 20 maggio a Gela dall'associazione Casa Famiglia Rosetta.



ALCOL E SOCIETA’
Michele Parisi
Responsabile Ser.T. Nicosia (EN)
Presidente Sezione Siciliana Società Italiana Alcologia

L’alcol è una sostanza tossica, cancerogena, teratogena, che causa dipendenza e danni fisici, psichici e relazionali, ma, nonostante tutto ciò, se chiedessimo alla stragrande maggioranza della popolazione, pochissime persone penserebbero di descriverla con queste caratteristiche, il resto ne celebrerebbe i presunti effetti salutari, che nessun ricercatore, degno di tal nome, condividerebbe. Il comune cittadino si avventura nel sostenere che è il tipo di uso, che ne viene fatto, a determinare dei rischi, che quasi sempre sono legati alla modalità di consumo degli altri e mai alla propria. Se poi confrontiamo l’alcol ad una sostanza di tipo illegale (per es. la cannabis), quasi nessuno avrebbe dubbi invece nel considerare rischioso anche un singolo uso. Eppure droga è sia l’una che l’altra, ma gli aspetti culturali che le differenziano, e di conseguenza quelli legali, producono giudizi così diversi. Il consumo di qualsiasi bevanda alcolica, anche in piccolissime dosi, è un comportamento a rischio (rischio non sempre si traduce in danno) e questa affermazione non è scientificamente confutabile date le caratteristiche, precedentemente enunciate, che l’alcol possiede. L’alcol rappresenta la terza causa di morte prematura o cattivo stato di salute e la principale causa di morte prematura o cattivo stato di salute tra i 25 e i 59 anni. L’intervento pubblico è caratterizzato da politiche più sensibili all’economia, ai guadagni fiscali e alla promozione del prodotto che ai guadagni in salute. Nel mondo si perdono 13 milioni di anni di vita per le droghe e ben 69 milioni per l’alcol in un anno; in un anno per droga muoiono 250.000 persone con un’alta mortalità giovanile, per alcol ne muoiono 3.330.000 con un’alta mortalità fra gli adulti e gli anziani (nel 2012 il 5,9% delle morti globali sono state attribuite all’alcol). In Europa si perdono 2.400.000 di anni di vita per le droghe, mentre per l’alcol 17.300.000. Se poi consideriamo le morti alcol correlate in Italia nel 2012 sono state 20.000, mentre quelle per eroina si sono fermate a 610. Relativamente ai decessi alcol correlati nel 2010 (18.000 morti in Italia secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), se osserviamo la distinzione per sesso e le percentuali per singole regioni, notiamo che sia per i maschi che per le femmine la Sicilia occupa l’ultimo posto per i decessi alcol correlati (rispettivamente il 2,47% e lo 0,81%). Le percentuali più alte le riscontriamo per i maschi nella Valle d’Aosta con il 6,73% e per le femmine nel Molise con il 2,41%). Nella relazione al Parlamento del 2014 per quanto riguarda la Sicilia viene scritto: “Tutti gli indicatori considerati per il monitoraggio dei consumi e dei comportamenti a rischio presentano valori inferiori alla media nazionale, indipendentemente dal sesso, ad eccezione di quello relativo alla prevalenza dei consumatori di amari e, per i soli uomini, di quello relativo ai consumatori di birra. Per gli uomini il valore relativo alla prevalenza dei consumatori di vino e dei consumatori abituali eccedentari (qualsiasi consumo per i minori di 18 anni, più di 1 unità alcolica al giorno per le donne e gli over 65 e più di 2 unità alcoliche per i maschi fra i 18 e i 65 anni) risulta essere il più basso di tutte le Regioni. Rispetto all’anno 2012 si registra per entrambi i sessi una diminuzione statisticamente significativa della prevalenza dei consumatori in modalità binge drinking, della prevalenza dei maschi che hanno consumato superalcolici e delle femmine che hanno consumato bevande alcoliche fuori pasto.” Tali dati, che sembrano confortanti per la nostra regione, non ci devono far dormire sonni tranquilli, poiché anche in Sicilia i problemi alcol correlati coinvolgono ancora tante, troppe persone e le loro famiglie. Ancora dalla relazione al Parlamento del 2014, ma relativamente stavolta a dati nazionali: “Nel decennio 2003-2013 l’ISTAT ha rilevato la diminuzione della quota di consumatori totali – almeno una bevanda alcolica su base annua – (dal 68,7% del 2003 al 63,9% del 2013), la diminuzione della quota di consumatori giornalieri (dal 31% del 2003 al 27% del 2013), l’aumento dei consumatori occasionali (dal 37,6% del 2003 al 41,2% del 2013). Il consumo fuori pasto è progressivamente aumentato (dal 24,8% del 2003 al 25,8% del 2013) e nel 2013 ha riguardato 14 milioni di persone. Se osserviamo il fenomeno per classi di età, risulta evidente che il consumo fuori pasto è soprattutto diffuso tra i giovani (18-24 anni) e i giovani adulti (25-44), che lo adottano spesso nell’ambito di occasioni e contesti legati al divertimento e alla socializzazione. Preoccupante è invece la crescita negli ultimi 10 anni del consumo fuori pasto tra le femmine che sono passate dal 13,8% al 15,8%, tale crescita nelle femmine si è verificata in tutte le fasce di età ed è stata nettamente superiore rispetto al dato complessivo dei consumatori fuori pasto tra i maschi che risulta pressoché stabile (36,6% nel 2003, 36,5% nel 2013).” Da questi dati viene confermato il cambiamento progressivo del modello di consumo, da quello mediterraneo a quello anglosassone. Sicuramente in Italia la riduzione dei consumi a 6 litri pro capite di alcol puro in un anno, che ci colloca fra le 4 nazioni della Regione Europea dell’OMS (56 nazioni) con i consumi più bassi, rappresenta un grosso passo avanti in termini di salute per la nostra popolazione, ma registriamo un incremento di rischio per alcune fasce di popolazioni (adulti, donne e anziani). E proprio su questi target bisogna migliorare le azioni da mettere in campo.
Se adesso prendiamo in considerazione le cause dei decessi alcol-attribuibili, notiamo che il cancro causa il 33% delle morti alcol correlate e gli incidenti il 30%, con la differenza che nei giovani sono gli incidenti che determinano tali decessi, mentre negli anziani sono più le neoplasie maligne, anche se gli incidenti e le cadute fanno la loro parte. Per quanto riguarda il cancro, l’alcol è uno dei più rilevanti fattori di rischio evitabili. Direttamente o indirettamente contribuisce, anche per minimi consumi, al maggior rischio di cancro causato da altri fattori, come il sovrappeso e l’inattività fisica. I meccanismi biologici alcol-correlati che mediano il cancro non sono pienamente compresi. Le bevande alcoliche possono contenere almeno 15 composti cancerogeni tra cui acetaldeide, acrilamide, aflatossine, arsenico, benzene, cadmio, etanolo, carbammato di etile, formaldeide e piombo. Il recente rapporto del 2014 dell’OMS afferma che non si può stabilire una soglia minima al di sotto della quale l’assunzione di etanolo non costituisce una minaccia per la salute, soprattutto in relazione al rischio di contrarre alcuni tipi di cancro. L’IARC (International Agency for Research on Cancer), organismo dell’OMS, ha già dichiarato l’etanolo cancerogeno dal 1998, inserendolo nel gruppo 1 (cancerogeni certi) insieme all’arsenico, all’asbesto, al benzene, ai radionuclidi e al tabacco. Un drink (10 grammi di etanolo) a settimana determina un incremento di rischio del 24% per il cancro alla bocca, alla faringe e alla laringe e del 4% per il cancro all’esofago. Un drink al giorno determina un incremento di rischio del 9% per il cancro colon rettale e del 10% per il cancro della mammella. Gli anziani sono più sensibili agli effetti dell’alcol, e quindi anche all’effetto cancerogeno, a causa di alcune modificazioni fisiologiche, quali il calo del rapporto liquidi/grassi corporei per cui, riducendosi l’acqua, si ha una minore diluizione dell’alcol, il calo del flusso sanguigno epatico con conseguente incremento di rischio di danno epatico, la ridotta efficienza degli enzimi epatici con alterazione del metabolismo dell’alcol e la riduzione della reattività cerebrale con un più rapido effetto sul cervello e, di conseguenza, più rilevanti danni cognitivi. Le stesse quantità di alcol possono, quindi, determinare, tra gli anziani, livelli più elevati di concentrazione di alcol nel sangue, rispetto alle persone più giovani, con un rischio, tra gli automobilisti anziani, di rimanere coinvolti in incidenti stradali tre volte più elevato tra chi ha consumato anche piccole quantità di alcol, rispetto a chi non ne ha consumato.  
Se spostiamo l’attenzione sui giovani, oltre al fenomeno del binge drinking, già noto ormai da più di un decennio, si affacciano all’orizzonte tutta una serie di comportamenti ad altissimo rischio, tra cui la nek (dall’inglese neck collo, in questo caso di bottiglia) nomination, una gara a chi beve di più e più velocemente possibile, davanti a una telecamera. Il video viene poi postato sui social network e così parte la nomination, la chiamata verso altri tre ragazzi, che entro le 24 ore sono invitati ad accettare la sfida. Se non accettano, saranno costretti a pagare da bere e ad essere derisi sul web. E’ partita dall’Australia, ma da tempo è già arrivata in Italia. Un altro comportamento è l’eye balling (bere alcol attraverso gli occhi), il versare bevande alcoliche, vodka principalmente, direttamente negli occhi, come fosse un innocuo collirio, per raggiungere velocemente il culmine dello sballo, ma con danni alla vista, bruciori fortissimi, lesioni alla cornea, lacrimazione, rossore e impossibilità di aprire gli occhi. Il balconing, invece, è il lanciarsi, dopo aver bevuto, dai balconi degli alberghi per cercare di tuffarsi direttamente nella piscina o di saltare sulla terrazza di un’altra stanza; purtroppo il salto può finir male e alcuni giovani sono morti nello schianto. Il pub crawl (da alcuni definito anche surf etilico) è il bere, solitamente in gruppo, in diversi pub in una sola serata, muovendosi da un pub all’altro normalmente a piedi. Esistono organizzazioni che gestiscono alcuni famosi pub crawl, dando appuntamento ai turisti in luogo prestabilito, dove iniziare a bere. Comunemente il numero di pub visitati è un multiplo di 3, da un minimo di 3 ad un massimo di 18. Per drunkoressia s’intende quella che può diventare una vera e propria abitudine a rinunciare alla cena per bere di più, rinunciare alle calorie di un’abbuffata alimentare sostituendole con quelle di un’abbuffata alcolica. E’ tipica delle adolescenti, il bere aiuterebbe a migliorare i rapporti sociali e il non mangiare ad ubriacarsi ancora più rapidamente. Bisogna, però, considerare che limitare il consumo delle bevande alcoliche, o meglio smettere di bere, è una delle indicazioni per ridurre il peso. L’alcol apporta 7 kilocalorie per grammo, motivo per cui un bicchiere di bevanda alcolica, che contiene mediamente 12 grammi di alcol, apporta circa 100 calorie. Mezzo litro di vino o due lattine di birra corrispondono rispettivamente a circa 350 e 170 kilocalorie. A titolo di confronto una barretta di cioccolato o un gelato o un sacchetto di patatine apportano circa 200 kilocalorie. Per smaltire le calorie derivanti da un paio di bicchieri di bevanda alcolica, sarebbe necessario camminare per circa 50 minuti oppure nuotare per 30 minuti o ballare per 35 minuti o fare aerobica per 32 minuti. Se i bicchieri aumentano, ovviamente, l’impegno fisico sale progressivamente. Sottraendo per un anno alle usuali abitudini di consumo 2 bicchieri di vino, birra o qualunque alcolico al giorno (180 kilocalorie), si ottiene la perdita di peso di oltre 9 chili. Considerando, adesso, lo sviluppo del cervello, dai 12 ai 21 anni si assiste ad un ampio rimodellamento (pruning), che conduce il cervello da una modalità di ragionamento impulsiva, emozionale ad una razionale. Bere bevande alcoliche interferisce con questi processi e blocca lo sviluppo verso lo stato cognitivo dell’adulto. La corteccia prefrontale, deputata alla razionalità, si sviluppa nel corso della preadolescenza, ma può involversi, a causa dell’uso di bevande alcoliche, cristallizzando la persona in una modalità di comportamento impulsivo, aggressivo, orientato alla ricerca del rischio, tipico dei giovanissimi. Interessante una ricerca effettuata su maschi fra gli 11 ed i 25 anni, relativamente alla probabilità di essere consumatori di alcol a rischio. Tale probabilità è di 2,1 volte maggiore per i fumatori e di 1,7 volte per gli ex fumatori rispetto ai non fumatori. E’ di 1,4 volte e di 1,5 volte maggiore per un giovane che partecipa a manifestazioni sportive occasionalmente o più frequentemente, che per chi non ci va mai. E’ di 2,3 volte maggiore per un giovane che frequenta oltre 6 volte l’anno le discoteche, che per chi non ci va mai. E’ di 1,3 volte e 2,2 volte maggiore per un giovane che partecipa a concerti di musica occasionalmente o frequentemente, che per chi non ci va mai. E’ 1,7 volte maggiore per chi partecipa a riunioni di associazioni culturali, ricreative o di altro tipo, che per chi non c’è mai andato. E’, invece, del 30% inferiore per chi frequenta chiese o luoghi di culto, rispetto a chi non ci va mai.
Ritornando ai presunti effetti benefici del consumo di bevande alcoliche, sono interessanti le considerazioni di alcuni ricercatori sulle criticità nelle evidenze a favore degli effetti protettivi di bassi consumi di bevande alcoliche. Si può ragionevolmente ritenere, che chi ha bassi consumi di alcol presenta un rischio minore in funzione di tutta una serie di fattori connessi ad uno stile di vita più sano, rispetto a chi consuma più alcol. Un maggiore grado di istruzione/consapevolezza, una maggiore disponibilità economica accompagnata da una maggiore cura di sé stessi, il consumo ai pasti, caratterizzato da una dieta mediterranea ricca di olio di oliva, frutta e verdura, che il consumatore di vino utilizza maggiormente sia rispetto ai non bevitori che ai bevitori di altre bevande alcoliche, svolgono quel ruolo protettivo nei consumatori di vino, che, spesso, viene erroneamente attribuito ai polifenoli presenti nel vino in bassissima concentrazione. Il resveratrolo, sostanza presente negli acini di uva nera, protegge i soggetti affetti da diabete e malattie cardiache con un dosaggio di 150 milligrammi al giorno. Il problema è che ogni bicchiere di vino rosso ne contiene 1,5 milligrammi e, quindi, per ottenere i suddetti effetti, sarebbe necessario bere 100 bicchieri di vino al giorno. Stessa cosa per il suo effetto anticancerogeno e anche di attenuazione dell’effetto cancerogeno dell’etanolo. Non si può affermare, quindi, che un bicchiere di vino fa bene, non si possono vantare proprietà salutistiche delle bevande alcoliche.
Andando agli aspetti diagnostici e trattamentali dei consumatori a rischio o problematici, in quasi tutti i paesi studiati vi è un notevole divario tra il numero di persone che potrebbero trarre beneficio dal counseling sul consumo di alcol, l’impegno in programmi di riabilitazione sociale o di trattamento e il numero di coloro che ricevono tale counseling o trattamento. E’ stato stimato che solo 1 su 20 di coloro che fanno un uso rischioso o dannoso di alcol sono effettivamente identificati e ricevono un intervento breve da parte di un medico di medicina generale; allo stesso modo meno di 1 persona su 20, che abbia una diagnosi di dipendenza da alcol, ha effettivamente avuto un consulto con uno specialista per un trattamento. Lasciare invariata la situazione corrente potrebbe essere considerato privo di costo, ma questa è un’affermazione ingannevole. Gli investimenti in programmi di identificazione precoce e di intervento breve non solo migliorano la salute e salvano vite umane, ma permettono anche di risparmiare il denaro del sistema sanitario. Dai dati del 2013 del sistema di sorveglianza PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), solo una piccola parte degli intervistati (15%) riferisce che un operatore sanitario si è informato sui comportamenti in relazione al consumo di alcol. La percentuale di bevitori a rischio che ha ricevuto il consiglio di bere meno da parte di un operatore sanitario è del 6%. Tra i fattori di rischio comportamentali il consumo di alcol rappresenta l’abitudine di cui si ha meno consapevolezza. In una ricerca che prevedeva la somministrazione di un questionario a medici di medicina generale, solo il 31,9% ha dichiarato di conoscere gli strumenti per lo screening del consumo rischioso e dannoso di alcol e dell’alcoldipendenza (AUDIT, AUDIT C, CAGE, FAST, ecc.) e di questi soltanto la metà li utilizza nella pratica clinica. Tra coloro che dichiarano di conoscere ed utlizzare uno strumento per lo screening del consumo rischioso e dannoso di alcol e dell’alcoldipendenza, il 73,9% utilizza l’AUDIT (il 60,9% l’AUDIT a 10 domande ed il 13% l’AUDIT C, forma breve a 3 domande), lo strumento studiato appositamente per l’individuazione dei consumatori a rischio. Nella stessa ricerca solo il 37,5% dichiara di avere familiarità con il concetto di intervento breve nel consumo rischioso e dannoso di alcol e, per chi lo conosce, la quasi totalità lo utilizza nella pratica clinica. Tra coloro che dichiarano di avere familiarità e di utilizzare l’intervento breve nel consumo di alcol, il 48,4% utilizza l’approccio cognitivo comportamentale del colloquio motivazionale e il 17,2% dichiara di utilizzare un proprio stile personale di comunicazione. La quasi totalità dei partecipanti all’indagine ritiene utile effettuare uno screening sistematico sul consumo di alcol nella pratica clinica del medico di medicina generale. Dopo lo screening l’eventuale utilizzo dell’intervento breve (della durata di non più di 5 minuti), determinerebbe una riduzione dei consumi o l’invio ad interventi di secondo livello con effetti in termini di salute pubblica estremamente positivi. Anche i rischi legati al consumo di alcol durante la gravidanza e l’allattamento sono poco conosciuti e molto sottovalutati. Nel corso del progetto “Mamma Beve Bimbo Beve” è stato somministrato un questionario sulle opinioni e gli atteggiamenti dei professionisti sanitari che lavorano nei servizi dell’area materno infantile dell’Azienda ULSS 9 di Treviso, dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. Uno su quattro riteneva che una donna possa bere un po’ di alcol quotidianamente durante la gravidanza e solo il 26% delle ostetriche, il 12% dei medici dell’Azienda Sanitaria e il 14% dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta ha riferito di suggerire alle donne di astenersi dall’alcol in gravidanza. E’ scientificamente acclarato che una donna che progetta una gravidanza deve astenersi dall’assumere qualsiasi quantità di qualsiasi bevanda alcolica, poiché anche una singola assunzione potrebbe determinare nel nascituro uno dei svariati quadri clinici della FASD (Fetal Alcohol Spectrum Disorder), che da recenti dati epidemiologici è la fetopatia più diffusa, superando sia la sindrome di Down che la spina bifida. Risulta quindi estremamente importante in termini di salute pubblica sensibilizzare sia gli operatori sanitari che le donne in età fertile e poi anche la popolazione generale ed è molto interessante in tal senso una campagna mondiale denominata “Too Young To Drink”, lanciata sempre dall’azienda sanitaria di Treviso.
Prendendo adesso in considerazione i servizi che si occupano degli interventi di secondo livello, nella maggior parte dei casi le caratteristiche dei servizi e dell’utenza che vi accede sono fortemente influenzate da elementi organizzativi e di contesto, piuttosto che da linee guida cliniche omogenee, con approcci terapeutici disomogenei, che possono essere causa di gravi diseguaglianze in termini di salute. Una formazione specifica è pertanto indispensabile per garantire uno standard di identificazione del problema, di valutazione e di approccio al trattamento. In una ricerca del 2013 si è stimato che, nella nostra nazione, solo il 23% delle persone con problemi alcol correlati, che necessiterebbero di un trattamento di secondo livello, accedono a tali servizi. Questo 23%, che potrebbe e dovrebbe essere migliorato, è comunque il più alto in Europa, a dimostrazione che nel campo dell’assistenza alcologica non siamo secondi a nessuno. Eppure un qualunque ampliamento del numero dei trattati garantirebbe una evidente riduzione della mortalità alcol correlata. Se il trattamento fosse esteso al 40% si registrerebbe una riduzione della mortalità alcol correlata del 13% negli uomini e del 9% tra le donne in un anno. E’ da colmare, quindi, il divario esistente nell’accesso e nel ricorso alle prestazioni destinate al recupero dei problemi alcol correlati, prevedendo l’adeguamento dell’offerta assistenziale e di trattamento attualmente erogata dai servizi che si occupano di alcologia. Parallelamente è indispensabile la sollecitazione di iniziative e di programmi volti ad identificare ed attirare le persone con problemi alcol correlati, non ancora intercettate da sistemi formalizzati e coordinati di identificazione del rischio alcol correlato nella popolazione. E’, in tal senso, da privilegiare un coordinamento delle risorse disponibili sul territorio e la costituzione e attivazione di una rete atta a garantire la verifica dell’esigenza di intervento per problematiche alcol correlate per le quali è da ampliare l’accesso al trattamento alcologico e comunque l’arresto della progressione del danno e la prevenzione delle complicanze. Senza dimenticare le azioni di sensibilizzazione e di prevenzione rivolte alla popolazione generale, destinate a scardinare i luoghi comuni e le false credenze sugli effetti dell’alcol. Mettendo insieme tutto ciò, potremo realmente vivere, in un futuro speriamo molto prossimo, in una società con meno problemi alcol correlati e quindi con più salute e benessere.    

  
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World Health Organization Action plan to reduce the harmful use of alcohol 2012-2020, 2012.

giovedì 4 giugno 2015

VERBALE RIUNIONE DIRETTIVO DEL 09/05/2015

Giorno 09/05/2015 alle ore 11.00 presso i locali del Sert di Gela inizia la riunione del Direttivo Regionale della SITD-Sicilia.


Sono presenti il Presidente dott. La Rosa, i componenti: dott. Russo, dott. Romano, dr. Busà, dr. Marrella, sono assenti il dott. Brogna il dott. Falco, il dott.Pintus, dott. La Rocca e dr.ssa Di Cristina; sono presenti, inoltre, il segretario dr. Spinnato, il consigliere nazionale dr. Gionfriddo e il dott. De Bernardis in qualità di Coordinatore del Comitato Scientifico, partecipanti al Direttivo senza diritto di voto.


Il Presidente dr. La Rosa verificato il raggiungimento del numero legale da inizio ai lavori del Direttivo.


Il Presidente avvia la discussione sul primo punto all’ordine del giorno:
Riflessioni e considerazioni sull’evento Alcol di Caltanissetta dove si è registrata una partecipazione inferiore alle attese.
La ricca discussione fa emergere diverse considerazioni che, fatto salvo i problemi logistici che possono aver condizionato la presenza dei colleghi di Palermo e Trapani, possono essere così riassunte:
Insufficiente comunicazione favorita dalla distanza tra questo evento e i due precedenti

L’evento in un solo giorno può scoraggiare i colleghi che vengono da luoghi geograficamente più distanti, potrebbe funzionare meglio la formula di due giorni consecutivi
Calo di interesse per le proposte formative, poco desiderio a confrontarsi
Convegni recenti sullo stesso tema
Proposta formativa poco attraente, priva di elementi innovativi
in ottica futura può essere utile portare avanti il discorso aperto con l’ISMETT anche in ottica formativa per cui si da mandato al dr. De Bernardis


La parola passa al Dr. Russo per il secondo punto all’ordine del giorno: Convegno Regionale di Messina.
in merito alla copertura economica non dovrebbero esserci problemi, si dovrebbe svolgere tra settembre e ottobre a Messina con sede da stabilire. il titolo sarà successivamente definito. in merito al programma ci sono da definire alcuni relatori, i temi saranno: trattamento delle dipendenza da oppiacei, doppia diagnosi, trattamento della dipendenza da alcol, cannabis e nuove sostanze, problematiche medico-legali. il convegno avrà la durata di un giorno e mezzo. Presidente del Convegno sarà il dr. La Rosa, direttore scientifico il dr. Russo
Il dr. Gionfriddo informa di aver inviato il format per il simposio su doppia diagnosi che si organizzerà all’interno del congresso nazionale SIP.


Si decide di inviare comunicazione per sollecitare il rinnovo dell’iscrizione a SITD per il 2015 che si ricorda è obbligatoria per coloro che ricoprono una carica associativa pena decadenza dalla stessa entro il 30 giugno.


Il prossimo direttivo si terrà a Messina nel mese di giugno con sede e data da stabilire.


La riunione si conclude alle ore 13.00


Il Segretario GIAMPAOLO SPINNATO

Il Presidente PLACIDO LA ROSA